mercoledì 27 aprile 2011

Introduzione al Locus Amoenus

Selve, boschetti e giardini 

(…) Seguirono con lo sguardo il suo dito, e videro innanzi a loro il corso d'acqua che scrosciava giù sino al fondovalle, per poi fluire lontano nelle terre pianeggianti e perdersi in una foschia dorata.

Proviamo a seguire anche noi, con lo sguardo, il dito di Legolas. Lì, sulla linea dell'orizzonte, si perdono le acque scroscianti del fiume e le nuvole d'oro del folto del Bosco di Lothlorien. Per ora i personaggi della Compagnia dell'Anello vedono a distanza quel reame, e possono soltanto immaginare che cosa si nasconda nel sottobosco.

Più avanti l'elfo continua:
Laggiù si trovano i boschi di Lothlorien, è la più bella di tutte le dimore della mia gente. Non vi sono alberi pari agli alberi di quella terra; in autunno le loro foglie non cadono, bensì diventano d'oro; per cadere attendono la primavera, che porta il nuovo verde, e ricopre i rami di fiori gialli. Allora il suolo del bosco è d'oro, e d'oro anche il soffitto, e le colonne d'argento, poiché la corteccia degli alberi è liscia e grigia”.
Per ora Tolkien si limita a farci gustare da lontano i boschi, guidando i nostri occhi lungo il dito di Legolas, fino all'orizzonte, poi, si affida alle parole dell'elfo. Ecco che il giardino è divenuto una dimora; le case sono proprio quegli alberi dalle chiome dorate e dalle cortecce argentee. Il giardino di Lorien è davvero speciale. Una eterna primavera rende le foglie degli alberi del colore dell'oro, anche quando si avvicina la stagione autunnale. E infine, quando giunge la bella stagione, le chiome verdeggianti si colorano di delicati fiori gialli.

Un lungo percorso attende la compagnia prima di arrivare nel folto del Bosco. Arrivarvi significa giungere in una sorta di nuovo paradiso:
Si trovavano in una radura. Alla loro sinistra una grossa montagnola era ricoperta di un manto d'erba verde come la Primavera dei Tempi Remoti; in cima, in una doppia corona, crescevano due cerchi di alberi: quelli all'esterno avevano una corteccia candida come neve, ed erano privi di foglie, ma splendidi nella loro armoniosa nudità; quelli interni si ergevano in tutta la loro altezza, ancora vestiti di pallido oro. Al centro giganteggiava un albero, fra gli alti rami del quale splendeva un bianco flet. L'erba ai piedi dei tronchi e sui verdi fianchi della collina era cosparsa di piccoli fiori d'oro a forma di stella. Fra questi, altri fiori ondeggiavano su esili steli, bianchi o d'un verde pallidissimo: scintillavano come nebbioline sull'intenso colore dell'erba. Il cielo in alto era blu, e il sole del pomeriggio ardeva sulla collina proiettando lunghe ombre verdi sotto gli alberi.
Il cielo blu, lo smalto verde della collinetta che incornicia le due file circolari di alberi, i colori tenui e brillanti dei fiori appena mossi dal vento, le ombre profonde proiettate dai raggi solari, creano un'atmosfera quasi edenica e immutabile.
Il giardino di Lorien è attivo, esso non è soltanto uno sfondo, ma un luogo positivo. Desta sensazioni e sentimenti, scuote la mente e la fantasia, è il luogo della scoperta delle cose e della riscoperta di quanto è già conosciuto: “Tutto ciò che vedeva era armonioso, ma i contorni parevano al tempo stesso precisi, come se concepiti e disegnati al momento in cui gli venivano scoperti gli occhi, e antichi, come se fossero esistiti da sempre. Non vedeva colori ignoti al suo sguardo, ma qui l'oro e il bianco, il blu e il verde erano freschi e acuti, e gli pareva di percepirli per la prima volta e di creare per essi nomi nuovi e meravigliosi (…). A Lorien non vi era alcuna macchia.”.
E' questo il luogo in cui le cose ritrovano il loro senso originale e possono essere scoperti nuovi nomi.

Ma il giardino, il bosco o ancora la selva, possono essere anche lo spazio dello smarrimento. Entrare nel bosco significa non rimanere immutati: “-E ora dobbiamo inoltrarci nel Bosco d'Oro, a quel che dici. Ma di quella perigliosa contrada abbiamo udito parlare a Gondor, e si dice che pochi di coloro che vi mettono piede ne escano, e che di questi pochi nessuno ne sia uscito illeso. -Non dire illeso, bensì immutato, e allora le tue parole saranno veritiere.”.  



Motivi ricorrenti del Locus amoenus

Le brevissime descrizioni di Lothlorien, riportate sopra, appartengono alla saga de Il Signore degli Anelli. Ve ne sono tantissime, tutte disseminate nelle pagine del romanzo.
Le suggestive immagini che Tolkien ci ha lasciato altro non sono che quadretti di ciò che tutta una tradizione definisce con il nome di Locus amoeus. Quel luogo cantato e vagheggiato, da poeti e non solo, eccolo qui descritto come un bosco incantato, dai colori dell'oro e dell'argento, allietato dalla presenza di fiori a forma di stelle e di alberi meravigliosi. Lothlorien, molto simile a Gran Burrone e a vari altri spazi edenici creati dal loro facitore, altro non è che una sorta di giardino, un angolo di paradiso.
Effettivamente che cos'è il locus amoenus se non il paradiso perduto, l'angolo incontaminato, dove l'eterna primavera non viene mai meno, e dove crescono piante lussureggianti e vivono insieme animali diversi fra loro. Il locus amoenus è solo una scheggia della perfezione andata perduta.
A Lothlorien è sempre primavera; anche quando giunge l'autunno, le foglie non vengono meno, ma si colorano d'oro. Questo bosco incantato è senza macchia, è un angolo di paradiso, rispetto all'informe e all'oscuro che si trova al di là dei suoi confini.

Qualsiasi locus amoenus ha delle caratteristiche ricorrenti unite a delle varianti tipiche di ogni autore e dell'ambiente a cui appartiene.
La maggior parte di questi luoghi, eccetto quelli appartenenti al periodo dell'illuminismo e del Decadentismo, costituiscono la metafora o la rappresentazione del Paradiso perduto (un discorso a parte deve essere fatto per l'età post-moderna).
Ciò fa sì che tutte le proprietà dell'Eden appartengano al locus: l'eternità, l'essere fuori dalle tradizionali categorie spazio-temporali, l'eterno rigoglio e l'eterna primavera, l'idea della bellezza perfetta e incontaminata perché senza colpa, l'immagine della natura armoniosa.
Vi sono, poi, motivi che riguardano il suo aspetto: la vegetazione è rigogliosa, ricca di ombre ristoranti e fresche. Alberi da frutto, folti di foglie e fiori di ogni sorta, allietano l'erba verde con i loro profumi e le loro fragranze.
Un venticello fresco fa ondeggiare l'intera natura che esulta per le melodie dolci di uccelli o a volte per i canti di strumenti musicali. A questi suoni si uniscono gli scrosci di ruscelletti, cascatelle, o fontane, e i colori chiari e nitidi delle acque di un fiume o di uno specchio d'acqua.
A volte animali mansueti si aggirano nel folto di boschetti, dove il sole penetra senza violenza.
Nelle radure erbose, fra i fiori, all'ombra degli alberi, possono spesso trovarsi, in otium vari personaggi, mentre è più frequente la presenza di una donna amata e vagheggiata, simile a una divinità.


Il valore del Locus amoenus


Ma il locus amoenus di tanta produzione letteraria, i giardini e i boschetti arieggiati dipinti nei quadri degli artisti, non costituiscono soltanto lo sfondo oppure la cornice dell'azione, ma posseggono un profondo significato, in cui si riflettono il pensiero e la sensibilità dell'autore. Si è già detto che il locus amoenus, per la sua perfezione, è lo spazio privilegiato in cui venire a contatto con elementi già visti eppure mai conosciuti, per questo al suo interno è possibile scoprire o riscoprire se stessi. Persino il mondo può assumere un nuovo valore.
Il boschetto o il giardino, in alcuni casi la selva, non sono solo i mondi possibili in cui evadere e rifugiarsi, ma  i mondi in cui i destini e le storie dei singoli si incrociano.
Talvolta la bellezza di questi posti è tale che il rischio è proprio quello di perdersi e di smarrire se stessi.